Ma Cairo si rende conto che il Giro può “franare”?

Cairo
Urbano Cairo, presidente di RCS, la società organizzatrice del Giro d'Italia
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Sono successe al Giro d’Italia cose molto gravi che meritano una riflessione. Ha abbandonato la corsa il velocista australiano Ewan dopo aver vinto due tappe. Ha fatto il suo bottino ed è andato via col massimo spregio dei concorrenti e della stessa corsa. A lui andava bene così. Poi il belga Merlier che ha lasciato il Giro dicendosi a pezzi e poi è andato altrove ed ha persino vinto.

E poi ancora la gravissima faccenda della tappa di Cortina ove l’organizzazione stessa del Giro ha ridotto il cammino eliminando il leggendario Pordoi a causa della pioggia. E l’ha mutilata. Il bello è che corridori e squadre erano tutti disposti a partire.

Ai tempi di Torriani v’era sempre Fiorenzo Magni, alle spalle del patron, che suggeriva sempre il massimo rispetto della corsa. Al Tour esiste lo stesso rigore. Qui no. Nessuno più difende l’alta dignità del Giro. Nel caso della tappa “mozzata” solo la combattiva e appassionata collega Alessandra De Stefano si è battuta imponendo al capo del Giro, Mauro Vegni, una spiegazione ch’egli purtroppo non ha dato.

E Urbano Cairo? Il proprietario della Gazzetta dello Sport e dunque anche del Giro d’Italia, un imprenditore di altissimo livello, non dice nulla? Si accontenta di vedere la sua splendida creatura “franare” piano piano?