AMARCORD/33 Ballerini, il doloroso addio all’eroe di Roubaix. Da tecnico azzurro era il vero erede di Alfredo Martini

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Marzo 2010, la copertina che Bicisport non avrebbe mai voluto pubblicare. Qualche giorno prima, il 7 febbraio, Franco Ballerini a 45 anni aveva perso la vita nel corso di un rally organizzato dalle sue parti, sulle colline pistoiesi. La Clio R3 su cui occupava il posto del navigatore aveva sbandato in curva rimbalzando da un muro a un terrapieno, e l’urto era stato fatale. 

Cosa era stato Ballerini? Un corridore di grande spessore, un passista di micidiale potenza, che a un certo punto aveva posto in cima ai suoi pensieri una corsa fra tutte le altre. Sulle pietre della Roubaix scivolava come su un parquet di betulla. Prima deluso, poi due volte vincitore, nel 2001 aveva scelto proprio la regina delle classiche per dare l’addio al ciclismo, ricevendo una indimenticabile ovazione all’ingresso nel velodromo. 

Cosa era diventato? Appena sceso di bici, a 36 anni, la federazione gli aveva affidato il ruolo di commissario tecnico, nel quale si era calato come se non avesse fatto altro nella vita. Competente, intelligente, abile nelle pubbliche relazioni, tessitore attento e sensibile dei rapporti con i suoi corridori, dai quali era stimato e rispettato. 

Franco Ballerini conquista la sua seconda Parigi-Roubaix, il 12 aprile 1998. Tra i suoi successi figurano anche la Tre Valli Varesine, la Parigi-Bruxelles, il Grand Prix des Amériques e il Giro del Piemonte.

Quattro mondiali e un’Olimpiade nel suo palmares da tecnico

In nove anni di gestione, aveva vinto quattro mondiali: nel 2002 con Cipollini, nel 2006 e 2007 con Bettini e nel 2008 con Ballan, aggiungendo al sontuoso menu anche le Olimpiadi del 2004, ancora con Bettini. Per il ciclismo azzurro era ormai un irrinunciabile punto di riferimento, tanto che da qualche tempo era divenuto direttore tecnico di tutte le nazionali. 

La matrice toscana, la filosofia del gruppo, l’eloquio garbato e il carisma crescente ne facevano l’autentico erede di Alfredo Martini, il selezionatore azzurro per antonomasia. E toccò proprio al vecchio ct, ai funerali, il toccante epitaffio del Ballero. «Continuo a domandarmi se Franco avrebbe voluto essere ricordato più come corridore o come tecnico», disse Martini, trovando immediatamente la sintesi più felice: «Era l’uomo affabile che si vorrebbe incontrare tutti i giorni»