AMARCORD/32 Argentin, un ponte tra due epoche: il suo Lombardia annunciò la riscossa del ciclismo italiano

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L’epoca di Moser era ormai chiusa, l’astro di Saronni tramontato, gli stranieri dominavano anche a casa nostra: in quel grigio 1987, il ciclismo italiano era appeso soltanto al nome e alla classe di Moreno Argentin. 

Campione del mondo l’anno prima in Colorado, il ventiseienne di San Donà aveva vinto nella primavera successiva la sua terza Liegi consecutiva. Poi, dopo un Giro d’Italia concluso con tre successi di tappa, aveva cominciato a preparare il mondiale.

Temutissimo e marcato stretto, sul circuito iridato di Villach si era fatto trovare ancora una volta pronto, salvo doversi accontentare del secondo posto per lo spunto vincente dell’insaziabile Roche, in grado quell’anno di aggiungere il mondiale alla doppietta Giro-Tour. 

Argentin aveva ingoiato il boccone amaro e ricaricato in fretta le pile per il Giro di Lombardia, ultimo appello stagionale. Una corsa fino ad allora sfuggita al suo talento di cacciatore di classiche. L’aveva sfiorata al primo colpo, nel 1981, chiudendo secondo, poi aveva rimediato delusioni in altre due occasioni. 

Lombardia 1987: Moreno Argentin mena la danza in salita. Alla sua ruota, Marc Madiot; a sinistra Criquielion, dietro al quale si scorge Giupponi con la maglia gialla della Del Tongo.

Volata a tre senza storia: si arrendono Van Lancker e Madiot

La successione delle salite selezionò un gruppetto nel quale il capitano della Gewiss Bianchi era, manco a dirlo, il sorvegliato speciale. In particolare, lo controllavano i tre francesi della Système U, Madiot, Mottet e Boyer. Nel piatto finale verso Milano, a 5 chilometri dal traguardo, si mosse il belga Van Lancker. Argentin fiutò il pericolo e si fiondò all’inseguimento, con Madiot a ruota. La volata a tre sul breve viale di Piazza del Duomo non ebbe storia. 

«Argentin spalanca il futuro ai giovani», titolava Bicisport nel numero di novembre, dedicato anche alle ultime pedalate di Moser, a caccia del record dell’Ora indoor. Vero: le vittorie del campione veneto erano un ponte lanciato tra passato e un futuro imminente. Di lì a qualche mese, un gruppetto di ragazzi di talento (Bugno, Fondriest, Chiappucci…) avrebbe riportato il ciclismo italiano ai vertici mondiali.

Argentin, però, era ancora lungi dall’abbandonare la scena. Dopo un paio di anni in tono minore, risorse con l’Ariostea di Giancarlo Ferretti e nobilitò l’ultimo scorcio di carriera razziando le classiche del Nord, con il quarto trionfo a Liegi, un Fiandre e tre successi alla Freccia Vallone