AMARCORD/28 Moser corre verso la terza Roubaix e pensa al Giro: il piano riuscirà solo a metà

Tempo di lettura: 2 minuti

La foto sulla copertina di Bicisport viene decisamente da un’altra epoca, rivelata in pieno da una tuta molto “âgée”, con tanto di rinforzi su gomiti e ginocchia. Era il gennaio del 1980 e Francesco Moser preparava la sua stagione con lo scrupolo di sempre.

Lo “Sceriffo” aveva 28 anni e mezzo e alle spalle annate intensissime. Aveva ereditato il ruolo di bandiera italiana dopo l’addio di Gimondi, fino a che non era emerso un ragazzino deciso a contrastarne la leadership. Moser-Saronni: la rivalità era presto lievitata, come non si vedeva dai tempi di Coppi e Bartali.

Nel 1979, il ventunenne Saronni si era preso il Giro d’Italia, dopo una guerriglia strenua, vissuta sia sulle strade che nei velenosi dopocorsa. Francesco si era dovuto accontentare del secondo posto, come gli era accaduto già due anni prima. Pur faticando dannatamente in montagna, non aveva mai perso la speranza di vincere la corsa rosa, e assistere al trionfo del “nemico” era stato un colpo durissimo.

Così, ai nastri della stagione 1980, il Giro è ancora e sempre un suo obbiettivo. Non il solo, ovviamente: nei programmi del trentino non può non esserci la Parigi-Roubaix, vinta negli ultimi due anni. E quindi, dopo una Sanremo finita al sesto posto nello sprint dominato da Gavazzi, e dopo un maledetto Giro delle Fiandre scippatogli con destrezza da Pollentier, ecco Moser tentare il fantastico tris consecutivo a Roubaix, riuscito fin lì solo al leggendario Octave Lapize, nel triennio 1909-1911.

Francesco Moser va a vincere la Parigi-Roubaix del 1980, la sua terza consecutiva. L’anno seguente andrà vicino al poker, piazzandosi al terzo posto.

Alla Roubaix stronca Thurau e vola verso un tris da leggenda

Fasciato dalla maglia tricolore di campione d’Italia, Francesco dà vita a un forcing spettacolare. Gli rimane aggrappato Didi Thurau, che già al mondiale di tre anni prima aveva provato a mettergli i bastoni tra le ruote. Ma a una ventina di chilometri dal traguardo, su un tratto di pavé dritto come un fuso, Moser accelera di nuovo e il tedesco si stacca come un legno controcorrente, superato nel finale anche da un giovane Duclos-Lassalle.

Dopo l’impresa di Roubaix, lo Sceriffo si ripresenta al Giro, dove però non trova solo Saronni, ma anche il terribile Hinault, che dopo aver vinto due volte il Tour vuole tiranneggiare anche la corsa italiana. Francesco mette subito la maglia rosa dopo il prologo a cronometro, e la tiene per cinque giorni. Poi la sua salute peggiora, come le sue gambe, e la sua corsa diventa un calvario. Fino a che, prima del tappone dello Stelvio, decide di ritirarsi, per la prima volta nelle sue sette partecipazioni al Giro.

Saltato Moser, attardato Saronni, a lottare con Hinault resta il commovente Miro Panizza, che sullo Stelvio deve tuttavia inchinarsi alla grandeur del bretone. Francesco dovrà attendere ancora quattro anni per mettere le mani sul Giro, quando ormai non lo aspettava quasi nessuno.