Un certo ciclismo dovrebbe meditare su questa storia di Bartali e Martini

Gino Bartali con Giannetto Cimurri in una foto d'archivio.
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Una sera Gino Bartali chiama al telefono Alfredo Martini. Sono amici e corrono ai livelli più alti del calendario. Non vestono la stessa maglia e sono avversari. Però erano anche amici e tutti e due erano toscani, della provincia di Firenze.

Bartali propone a Martini di fare l’indomani un allenamento impegnativo insieme in vista del Giro di Toscana che si correrà quattro giorni dopo.

Martini accetta, quel programma gli garba.

Ecco, in questi tempi difficili anche per il ciclismo che soffre della pandemia e che attraversa un momento scomodo per via dell’impostazione data a questo sport da tanti preparatori propensi a considerare i corridori macchine da computer più che uomini in carne ed ossa, in questo momento gli appassionati vogliono nutrirsi delle belle storie dei campioni che sulle pagine di Bicisport da mezzo secolo a questa parte campeggiano.

Bartali e Martini si incontrano. È poco più dell’alba. Partono. Bartali davanti e Martini a ruota.

Hanno già scelto il percorso e siccome è stato Bartali a dettar legge, il percorso si snoda sulle cime di molte ardue colline.

Martini racconta.

«Andavamo bene salvo una cosa. Che Bartali parlava continuamente. Lui faceva così, la fatica non gli faceva paura. Pedalava, accelerava con scatti lunghi e micidiali e parlava obbligandomi a rispondere. Ma io non potevo perché il fiato che avevo o lo usavo per pedalare o per parlare. Sicché lo seguivo ascoltandolo. E lui parlava, accelerava, mi poneva domande, pedalava più forte se si profilava la salita, sembrava irresistibile in lui il bisogno di scattare. Andava via. Tutto questo sino al momento in cui io sono sceso dalla bici e mi sono seduto su di un muretto per tirare il fiato. Non l’ho più rivisto se non alle Cascine, quattro giorni dopo, alla conclusione del Giro di Toscana».

E poi contento per avere acceso l’attenzione di chi lo ascoltava, Martini concludeva.

«Aveva vinto lui».

Ecco il ciclismo che la gente ancora oggi ama per la romantica nobiltà dei grandi campioni in gara. Mica dominavano certi preparatori di oggi.