Richard Plugge diviso in due: dispiaciuto per le minacce a Groenewgen, seccato dal tweet di Lefevere

Richard Plugge con il trofeo della Vuelta 2019 vinto da Primoz Roglic (foto: Twitter/Richard Plugge)
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Ha suscitato grande attenzione mediatica la notizia delle minacce di morte pervenute a Dylan Groenewegen.

Il velocista olandese, responsabile della terribile caduta e del grave incidente a Fabio Jakobsen provocati allo scorso Giro di Polonia, è rimasto shockato da alcuni inqualificabili messaggi ricevuti nei mesi scorsi, frasi che nessuno vorrebbe mai leggere.

Per un certo periodo dunque Groenewgen, la cui squalifica inflittagli dall’UCI scadrà il 7 maggio prossimo, si è dovuto allenare sotto scorta.

Gradualmente però le cose sono migliorate e con l’approssimarsi della nuova stagione il nativo di Amsterdam ha potuto iniziare, seppur ancora in parte scosso dall’accaduto, il proprio cammino verso la normalità.

Il sostegno di Plugge

La squadra in questo senso non l’ha mai abbandonato riconoscendo come per il ragazzo gli ultimi mesi non siano stati affatto semplici.

«È stato un momento difficile per lui» ha dichiarato Richard Plugge, team manager della Jumbo-Visma che si è anche dimostrato consapevole delle criticità che Groenewegen dovrà affrontare al rientro in corsa e, più in generale, nei prossimi mesi.

«Ci vorrà del tempo prima che la sua immagine torni a com’era prima. Sia con il pubblico che con il gruppo».

Un tweet sbagliato

Plugge, intanto, parlando della vicenda a Sporza, ha voluto rimarcare come non gli sia piaciuto il comportamento del collega Patrick Lefevere, lasciando intendere come le frasi pronunciate a suo tempo su Twittermettere in prigione questo ragazzo») dal manager della Deceuninck-Quick Step non abbiano certamente contribuito a smorzare i toni e rendere più facile la vita di Groenewegen.

«Ho chiesto a Patrick Lefevere di non farlo mai più» ha ribadito Plugge in merito alle esternazioni fatte sul social dal sessantaseienne belga.

«Come manager di una squadra di ciclismo, dovresti pensare dieci secondi in più prima di rendere pubblico qualcosa. Se sono i corridori o gli allenatori a fare tali affermazioni, okay. Ma come capo tu dovresti mantenere un ruolo esemplare. Quella sera, Patrick e io ci siamo chiamati. Fine della storia».

Solo il tempo ci dirà se le frizioni e le divergenze passate fra i capi di due delle squadre più blasonate del World Tour saranno state definitivamente appianate.