Le pagelle: Re Ganna da 10, Nibali da 5. Viviani, 4 e riscatto. Aru? Senza voto

Le pagelle 2020
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Filippo Ganna 10 – Ci eravamo abituati a pensare a lui quando c’era da spingere nel velodromi in giro per il mondo. Ma quello che Pippo ha fatto quest’anno esagera le sue proporzioni di campione e allarga tutti gli orizzonti. Prima della pandemia il quarto titolo iridato nell’inseguimento individuale, che purtroppo non è più disciplina olimpica. Poi il tricolore a crono, e non possiamo dire che sia stato una sorpresa. Quelle sono arrivate dopo: il capolavoro di Imola, e quella maglia arcobaleno che su strada ha un sapore ancora nuovo. Infine il Giro d’Italia: la prima crono in picchiata, la maglia rosa, la vittoria in linea che possiamo soltanto definire esaltante, le altre due crono, a sottolineare un dominio assoluto a livello mondiale, e ancora l’appoggio decisivo a Tao Geoghegan Hart (voto 8) per la vittoria finale. Ineos ha un tesoro in casa, e noi possiamo sognare. Di tutti i colori.

Elisa Longo Borghini 9 – Ha compiuto 29 anni a fine stagione, la stagione della sua maturità. Elisa è il traino del ciclismo femminile italiano, è una su cui si può sempre contare, una che dà tutto per sè e per la squadra. Una campionessa completa. Argento agli Europei di Plouay, bronzo ai Mondiali di Imola (che si aggiunge a quello del 2012 e al bronzo olimpico di Rio), campionessa italiana a crono a Cittadella e poi su strada a fine stagione, la fuoriclasse della Trek-Segafredo al Giro ha riportato la maglia rosa in Italia (mancava dal 2008, Fabiana Luperini), ha vinto una tappa e ha chiuso sul podio. Poi c’è quello che pensa e che dice, che meriterebbe un voto ancora più alto. Unica.

Giacomo Nizzolo 8 – Mai visto Nizzolo con una consapevolezza così, e i risultati si sono visti: campione italiano ed europeo in linea, peccato che non si possano portare entrambe le maglie. Dopo la sua miglior stagione di sempre (mettiamoci pure una tappa al Down Under e una alla Parigi-Nizza), la Qhubeka Assos punta sull’azzurro per le classiche di primavera. Crescente. 

Diego Ulissi 7,5 – L’anno era cominciato in un modo assurdo, con Diego prigioniero della primissima quarantena al quarto piano dell’hotel di Abu Dhabi dove tutto era cominciato mentre a Lugano Arianna dava alla luce alla piccola Anna (il nome però lo ha scelto il papà). Poi era andata alla grande, con 5 vittorie di cui 2 al Giro d’Italia, che fanno 38 in carriera. Ma l’anno ha deciso di finire anche peggio di come era cominciato, con lo stop per miocardite che al momento cambia le priorità. Forza!

Damiano Caruso 7 – E’ uno di quei corridori che fanno la fortuna delle loro squadre e dei loro capitani. Ma quest’anno Damiano ha goduto finalmente della luce dei riflettori, premiata da un ottimo decimo posto finale al Tour de France. Decimo anche al Mondiale di Imola: al traguardo lo aspettava la sua famiglia, alla fine ritorno a casa in camper tutti insieme. La forza del collettivo.

Domenico Pozzovivo 7 – Più che un voto è un compromesso: per quello che ha passato (e per l’ennesima volta nella sua tormentata carriera) dovremmo dargli 30 e lode (d’altra parte gli studi universitari sono pane per i suoi denti) ma vogliamo trattarlo come tutti gli altri e allora ci ripromettiamo di dargli un voto in base ai risultati soltanto quando avrà una stagione «normale». Sette perché corre dopo un incidente che avrebbe fatto smettere chiunque, perché ancora la sfortuna non ha smesso di prenderlo di mira (l’infezione al gomito a fine Giro), e perché la squadra lo… motiva prendendo Fabio Aru e creandogli concorrenza anche in casa. Pozzo però ha già detto che l’obiettivo del 2021 è il Giro. Saremo lì ad aspettarlo.

Vincenzo Nibali 5 – Crediamo che se dovesse dare un voto alla sua stagione, sarebbe perfino più severo. Aveva puntato sul Giro d’Italia, e ha mantenuto la decisione nonostante il calendario fosse prima imploso e poi esploso. Ma non è stato aiutato nè dal lungo stop (come molti dei suoi colleghi over 35) nè da come si è svolta la stagione. La caduta alla Strade Bianche, prima corsa della ripresa, è stato forse un segnale di come sarebbe andata. Forse il Nibali migliore lo abbiamo visto al Lombardia, ma è ovvio che per lui non è abbastanza. Rimane quello a cui ci attacchiamo sempre e comunque, e sentirgli dire onestamente «vanno più forte di me», al Giro, gli fa onore e ci lascia una patina di tristezza. Amaro.

Davide Formolo 5 – Il successo-impresa al Delfinato sembrava un bell’indizio. Ma la caduta al Tour gli ha fatto perdere il giro d’onore sui Campi Elisi, con il capitano Pogacar in giallo, e il Mondiale a cui teneva di più, quello in casa. Meno male che poi è arrivata Chloe: per vederla nascere Formolino ha lasciato la Vuelta prima del gran finale, dimostrando che sarà pure una Roccia ma ha anche un cuore. Che batte per la sua bimba. Tenero.

Elia Viviani 4 – Vale il discorso fatto per Nibali: Elia è sempre molto severo con se stesso, e questa stagione è proprio da archiviare. Alla Sanremo non si è visto, al Tour non è mai arrivato nei primi tre, al Giro addirittura peggio. Una cosa buona c’è: il rinvio dell’Olimpiade alla fine gli ha fatto gioco, dimentichiamo questa stagione e ripartiamo alla grande. Sappiamo che Elia ci sta già lavorando. Applicato.

Fabio Aru sv – Il Tour neanche lo calcoliamo. Ancora un addio burrascoso al suo team, dopo quello altrettanto doloroso con l’Astana. Fabio è troppo lontano da quello che abbiamo conosciuto ormai troppi anni fa. Vederlo ripartire dal ciclocross ci fa sperare che ci sia ancora un modo per ripartire. Fabio ha bisogno di ricominciare a divertirsi, e noi con lui. Alla finestra.