Ulissi: «Liegi e Tokyo? Un sogno. Vi racconto cos’è successo con Pozzovivo e Nibali»

Diego Ulissi al Giro di Lombardia 2020
Tempo di lettura: 5 minuti

Rilassato, a casa, dopo una stagione iniziata tra emozioni contrastanti, come la quarantena a fine febbraio a Dubai mentre veniva alla luce la sua seconda figlia, oggi, finalmente, Diego Ulissi si gode la famiglia e le sue bambine in attesa di scoprire in che modo partirà la stagione 2021. Il classe ’89 di Donoratico è tranquillo e risponde divertito ad alcune domande che gli abbiamo fatto per quibicisport.it, scoppiando in una fragorosa risata mentre ci racconta l’episodio che sta facendo il giro del web e che ha visto protagonisti lui, Nibali e Pozzovivo.

Partiamo dalle cose belle, Diego. Giro d’Italia 2020, due vittorie di tappa, che fanno otto in totale in carriera. La doppia cifra si avvicina e non è certo un risultato banale per un corridore tutto sommato ancora nel pieno della maturità e che non è di certo un velocista. Come mai questa affinità con il giro d’Italia?

«È una corsa che sento molto. Perché quando sei bambino la sogni di correre, e poi magari sogni di vincere una tappa. E averne vinte otto non può che rendermi felice e orgoglioso».

Tra queste ce n’è una che ha un significato particolare rispetto a un altra, una a cui sei più affezionato?

«Quella di quest’anno ad Agrigento. Perché quando vinci subito alla seconda tappa puoi permetterti di vivere un Giro più tranquillo e consapevole che stai bene e c’è la condizione. E poi battere un campione come Sagan dà un sapore particolare al tuo risultato. Poi c’è quella del 2015 a Fiuggi fu una tappa lunghissima quel giorno, 260 chilometri, più di sette ore. Una bella soddisfazione».

Quindi non è vero che tu dopo i duecento chilometri non rendi, come spesso si legge in giro.

«I numeri dicono altro. Qualche corsa sopra i duecento chilometri l’ho vinta, Fiuggi, appunto che era 260 chilometri. Secondo te se non fossi competitivo avrei mai vinto una tappa come quella al Giro? E poi ho vinto altre gare sopra i 200 chilometri. A Montreal ho fatto un primo, un secondo e un terzo. Un percorso sopra i 200 chilometri e con un dislivello importante e contro corridori di grande livello. Penso che siano altri corridori con problemi di fondo, non io. Poi, sai, ognuno ha i suoi punti deboli e i punti di forza, ma personalmente non mi pongo nemmeno il problema quando sento certe cose. Ci sono gare lunghe dove a volte sono riuscito a esprimermi al meglio, altre meno, ma capita nella carriera di un qualsiasi corridore. Se qualcuno si diverte a sollevare questa cosa, lo facciano pure a me non scalfisce più di tanto».

Talento precoce, Diego Ulissi ha conquistato per due volte il titolo iridato tra gli juniores. Qui in una foto scattata nel 2006, quando aveva 17 anni



Mondiale di Imola, si correva in casa, tu eri inserito tra gli outsider.
Cos’è successo?

«Partiamo dal presupposto che era un mondiale durissimo e con un dislivello importante. Quel giorno lì dovevamo essere oltre il 100% e chi è uscito dal Tour aveva qualcosa in più. Poi io quel giorno non mi sono sentito bene proprio dal punto di vista fisico. Mi sono staccato e ho pure vomitato».

Sei da anni al vertice del ciclismo mondiale, ma forse ti manca quel sigillo per consacrare la tua carriera. Qual è la corsa che potrebbe mettere tutti d’accordo?


«La gara dei miei sogni è la Liegi. L’ho sempre detto. È una gara che mi affascina, ma allo stesso tempo è parecchio esigente. Sai, io sono un corridore molto esplosivo che si adatta a tanti tipi di percorso e per essere competitivo alla Liegi e vincerla, devi essere al 100% e oltre. Fin’ora non ho avuto grandi giornate a Liegi, ma spero che con la maturazione fisica di essere lì a giocarmela».

Quando sei in forma ti difendi a cronometro e tieni bene in salita, hai mai pensato a fare classifica in un grande Giro?

«A inizio carriera ci abbiamo pensato con qualche diesse. Anche con Orlando Maini tempi della Lampre è nata l’idea di provarci. Mi sono accorto, però, che nelle tappe più dure, soprattutto la terza settimana con tanto dislivello, non riuscivo a essere competitivo con i più forti. Poi io sono uno che preferisce vincere una tappa piuttosto che strappare una top ten, per quanto possa essere un bellissimo risultato. Però la vittoria di tappa ha un altro sapore. E poi concentrarsi su un Grande Giro significa improntare la stagione in un’altra maniera e puntare su quell’obiettivo. E invece sia a me che alla squadra piace che io sia competitivo per tutta la stagione e predisporre la stagione in un’altra maniera. Preferisco puntare su obiettivi diversi, vari. E poi sinceramente non farei a cambio tra le mie vittorie di tappa e un piazzamento in classifica».

Diego Ulissi con la fidanzata Arianna in una foto del 2010. Ora i due sono sposati e hanno due bambine

Ci racconti cos’è successo l’altro giorno con Nibali e Pozzovivo?

«Era una delle prime uscite e le facciamo spesso assieme perché ci divertiamo anche in mountain bike. Stavamo facendo un tratto anche abbastanza complicato dove ci vuole un po’ di tecnica. Il problema è che a questo punto della stagione non hai ancora la gamba per spingere e su un tratto mi sono sbilanciato e sono andato giù. Ho trovato uno strapiombo ma non mi sono fatto niente perché c’erano le foglie. Il problema, però, non stato tanto quello, quanto che a tirarmi su era “Il Pozzo”. Ma lo avete visto? Ha le braccia fatte di ferro e avevo paura che tirandomi mi rimanesse in mano qualcosa! Io ero più divertito dalla situazione in cui ci stavamo trovando mentre Vincenzo filmava, che preoccupato di quello che era successo».

Torniamo al ciclismo: obiettivi per il 2021?

«Mi piacerebbe continuare a crescere e fare risultati, come sta succedendo ogni anno, alzando l’asticella, e magari puntando a risultati ambiziosi. L’obiettivo è quello di essere pronti per giocarsi una Monumento. Poi ci sono i Giochi Olimpici. Partecipare è un obiettivo, un sogno per chiunque faccia sport. Il percorso è esigente, ma aperto a tante soluzioni. È duro, sì, ma l’ultima salita non è vicina all’arrivo e c’è tempo per recuperare. Può essere anche adatto a un corridore con le mie caratteristiche».

Raduno: avete già deciso quando e come?

«Ancora nulla. La situazione è ancora molto complessa da questo punto di vista e aspettiamo un po’ l’evoluzione dei fatti. Io intanto mi alleno qui con Mimmo, Vincenzo e altri ragazzi. I percorsi ci sono e quindi ci alleniamo bene. Però c’è tanta voglia di stare con la squadra e conoscere i nuovi compagni».

A tal proposito, l’anno prossimo arriva anche Trentin.

«Sono veramente contento del suo arrivo. Matteo è un grande, perché è un corridore vincente, esperto, ma soprattutto perché sa fare gruppo. È un bell’acquisto. Matteo è una bella persona, lo conosco da tanti anni, siamo stati compagni in nazionale, lo conosco sia dal punto di vista personale che come collega e per me è una grande cosa che si sia unito a noi. La sua presenza non potrà che essere un valore aggiunto alla nostra squadra».